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Conti al Corriere dello Sport: “Se sono diventato quello che sono, lo devo all’Atalanta. Indossare la maglia della Nazionale è un onore”

Lunga e interessante intervista quella rilasciata da Andrea Conti al Corriere dello Sport prima di Juventus-Atalanta

Conti, se ad agosto le avessero detto che il 2 dicembre sareste stati a -5 dalla Juve ci avrebbe creduto?

«Assolutamente no, ma in compenso ci credo adesso. Abbiamo un’occasione importante per far bene, per metterci in mostra, e andremo là per giocarcela».

Che Atalanta sarà quella che sfiderà i bianconeri?

«La stessa di sempre. Noi giochiamo per vincere contro chiunque e per questo dovremo essere aggressivi, pressare alti e non far pensare i campioni che la Juventus ha. Serviranno intensità e ripartenze».

E’ davvero convinto che l’Atalanta sia in grado di fare l’impresa?

«Abbiamo dimostrato di poter battere chiunque visto che abbiamo sconfitto Napoli, Inter e Roma. Tre squadre così non le batti per caso».

Chi toglierebbe alla Juve?

«Higuain sta vivendo un momento non facile perché ha cambiato squadra e ambiente, ma può fare la differenza da un momento all’altro in ogni incontro».

L’Atalanta può ripetere in Serie A il miracolo Leicester?

«Secondo me è molto difficile che in Italia o nel resto d’Europa possa capitare un simile exploit. Quello della formazione di Ranieri è destinato a restare un caso più unico che raro».

Lei ha detto che l’Atalanta può fare qualcosa in più rispetto alla salvezza. A cosa si riferisce?

«Non so se possiamo arrivare in Europa oppure ottavi-noni. Sicuramente vogliamo qualcosa in più di una salvezza conquistata nelle ultime giornate».

Ha già pensato a un voto in caso di qualificazione per Champions?

«Non riesco a farlo perché è una cosa talmente lontana e c’è da fare talmente tanto lavoro…».

Dopo la fine del mercato di gennaio Conti sarà ancora un giocatore dell’Atalanta?

«Sì».

E la prossima estate cosa succederà? Il suo agente, Mario Giuffredi, ha detto che lei “andrà sicuramente in una grande squadra”.

«A giugno non lo so quello che accadrà perché già faccio fatica a pensare a domani. Intanto voglio disputare un grande campionato con l’Atalanta e un ottimo Europeo con l’Under, poi vedremo».

Gli interessamenti di Juventus, Inter e Napoli la lusingano?

«Indubbiamente fanno piacere e sono frutto del lavoro che stiamo facendo. Io però non mi concentro sul mercato, ma quello che devo fare in campo».

Quanti meriti dà a Gasperini per la sua crescita?

«Tanti perché mi ha reso più aggressivo nella fase difensiva e mi ha trasmesso sicurezza. Sento la sua fiducia e ora in partita riesco a dare il massimo. Ha tirato fuori da me un qualcosa in più che non credevo di avere».

Cosa è successo all’Atalanta che non era partita bene e che adesso vola?

«Il gruppo era nuovo e in più avevamo cambiato sia l’allenatore sia il modulo. Dovevamo solo conoscerci bene. Toccato il fondo abbiamo iniziato a risalire e non ci siamo più fermati».

Concorda con coloro che sostengono che alla base della vostra brillante stagione ci sia il florido vivaio dell’Atalanta?

«Certo. Abbiamo uno dei migliori settori giovanili d’Italia perché qui ti aspettano e non ti mandano via se hai delle difficoltà».

Oltre a lei della generazione d’oro dei baby nerazzurri fanno parte alcuni suoi compagni. Ci parli di loro, iniziando da Gagliardini.

«Con Roberto ci conosciamo da diversi anni ed è un ragazzo d’oro. Ha tecnica, dinamicità e fisico».

Caldara?

«E’ il più serio e il più professionista di tutti, perché è il primo ad arrivare e l’ultimo ad andar via dagli allenamenti. E’ educato e gentile, ma in campo in marcatura è fortissimo. Mi ricorda Nesta».

Grassi?

«E’ quello con cui ho più confidenza, il mio migliore amico. E’ un grande giocatore e non è stato comprato per caso dal Napoli. Senza l’infortunio, oggi non sarebbe qui».

Kessie?

«Ha una potenza e una forza fisica incredibili. Anche se sbaglia lo stop, rimedia sempre e gioca con una spensieratezza incredibile. Lo paragono a Yaya Touré».

Petagna?

«In passato l’ho sfidato tante volte nelle giovanili ed è un attaccante molto fisico che gestisce bene palla. Sottoporta assomiglia a Vieri».

Chiudiamo con Sportiello.

«Grande portiere che fa cose incredibili. Non sono due errori che possono mettere in discussione le sue qualità».

Che effetto le ha fatto vedere che all’ultimo stage della Nazionale eravate 7 giocatori dell’Atalanta?

«E’ stata una bellissima esperienza che ci ha aiutato a conoscere e a capire cosa Ventura vuole dai suoi giocatori. Le nostre convocazioni sono frutto di ciò che abbiamo fatto a Bergamo».

Il suo è un… arrivederci a Coverciano?

«Lo spero. Per me indossare la maglia della Nazionale è un onore e un’emozione».

Prima l’Europeo con l’Under 21 e poi il Mondiale del 2018?

«All’Europeo puntiamo a fare più strada possibile. Con giocatori come Romagnoli, Rugani, Donnarumma, Bernardeschi, Benassi, Cataldi e Berardi possiamo andare lontano. Il Mondiale magari sarà una conseguenza di quello che farò in futuro».

Chi è l’idolo di Conti?

«Dani Alves. Lo ammiro fin dai tempi del Barcellona perché ha spinta e tecnica, ma stimo anche De Sciglio e Darmian».

Peccato che domani non possa chiedere la maglia al brasiliano infortunato.

«Purtroppo no, ma un altro campione con cui scambiarla lo troverò. Higuain? Per la sua maglia la concorrenza temo sarà agguerrita».

Ci racconta come ha iniziato a giocare a calcio?

«La passione me l’ha trasmessa mio papà Fabio che era tesserato per il Lecco, ma non è riuscito a fare il salto tra i professionisti. Giocava centrocampista e mi racconta che era bravo. Non so… (ride, ndr). Ha “contagiato” anche mio fratello Luca che era un terzino sinistro, ma ha smesso per impegni di lavoro».

Adesso lei è un punto di forza dell’Atalanta per la quale tifa, ma c’è stato un momento in cui è stato vicino al Milan.

«Dopo che il Calcio Lecco è fallito, nel 2002, i ragazzi del settore giovanile sono andati nelle società vicine. Io ero alla Virtus Valmadrera e fui notato da Atalanta, Milan e Inter. Al Milan feci un provino e fui preso, ma mio papà scelse l’Atalanta per la tradizione del vivaio».

A posteriori lo ringrazia?

«E’ stata la scelta più giusta. Se sono diventato quello che sono, lo devo all’Atalanta».