Andrea Conti ha rilasciato una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport dove si racconta tra campo e fuori.
Da terzino si è appena guadagnato la convocazione azzurra nello stage di Ventura. E’ il suo momento migliore?
«E’ un momento bellissimo, personale e di squadra. E’ il gruppo che esalta il singolo. Siamo riusciti a capire quello che ci chiedeva Gasperini e i risultati si vedono».
Era così difficile seguire le istruzioni?
«E’ un calcio diverso, un modulo diverso, interpretato da giocatori diversi. E’ un sistema dispendioso, di corsa e pressing: o sei giovane o hai una gran voglia di sacrificarti».
Tanto sacrificio dove porterà?
«Prima ci davano per retrocessi, ora siamo passati a qualcosa di più della salvezza. Facciamo che l’obiettivo è la salvezza prima possibile e poi vediamo cosa riusciamo a guadagnarci».
Gli altri giovani della squadra sono altrettanto prudenti?
«Veniamo tutti dal settore giovanile, abbiamo gli stessi valori, lo stesso orgoglio atalantino. Ci conosciamo da tanti anni, in questo senso siamo unici. Non esiste un’altra squadra che abbia così tanti ragazzi dello stesso gruppo arrivati in prima squadra. Possiamo essere uno spot per il calcio».
E’ davvero diventato Andrea Conti dell’Atalanta per caso?
«Verissimo. L’Atalanta era in ritiro, io stavo cercando una sistemazione dopo il prestito a Lanciano. L’idea era fare un’altra stagione in B. Poi mi chiama il direttore Sartori perché mancava un terzino in rosa e Reja voleva valutarmi per capire cosa fare di me. Da lì è partito tutto, l’allenatore ha deciso di tenermi e io ho cercato di farmi valere».
Nella prima stagione 14 partite e 2 gol, quest’anno 10 e 1.
«L’anno scorso ho segnato il primo gol al Verona, poi dopo due partite che non segnavamo ne ho fatto un altro alla Fiorentina. Hanno iniziato a chiamarmi bomber, ma così per scherzare».
Il suo modello è un difensore o un attaccante?
«Dani Alves, terzino di grande spinta e tecnica. Ma guardo anche ai nostri De Sciglio e Darmian che così giovani sono già in squadre importanti».
Li invidia?
«Non penso a dove sarò tra dieci anni, già faccio fatica a pensare a domani. Il mercato non mi riguarda e neppure mi interessa. Penso all’Atalanta, all’Under 21, agli stage con Ventura. Il resto non mi tocca minimamente, qui mi sento in famiglia e non vedo un solo motivo per andarmene».
Trova invece un aspetto in cui dover migliorare?
«La fase difensiva è la mia pecca, così come la gestione delle energie».
Anche fuori dal campo: dicono sia pigro e un po’ permaloso.
«Sul permaloso sto lavorando, sono migliorato rispetto a prima. Pigro sì ma nel senso che sono un ragazzo tranquillo, non mi piace uscire. Non sono particolarmente attivo e la mia fidanzata Daria mi rimprovera. Lei vorrebbe andare in giro, fare shopping, io sono per stare a casa, sul divano, davanti alla tv. Abito in centro a Bergamo, ora da solo e prima con lei. Si è laureata con centodieci e lode in scienze dell’educazione e ora vorrà pure il regalo, lavora come maestra alle scuole elementari. Io ho il diploma di ragioneria, voto 63, lo volevano i miei genitori Fabio e Mariarosa».
Se poi si alza dal divano cosa fa?
«Sono zio di due bimbe, Giorgia e Alessia, figlie di mio fratello. Sono il padrino della prima e a entrambe sono legatissimo. Il primo anno in Serie B quando ho potuto scegliere il numero di maglia ho preso il 18 come la data di nascita di Giorgia».
Amici?
«Gagliardini, Caldara, Grassi. Siamo cresciuti insieme, Gagliardini dice che mi arrabbio spesso ma con loro non potrei mai farlo, sono come fratelli. Grassi è quello a cui sono più legato, ci siamo sempre sentiti anche quando le nostre strade si sono separate: è il più ignorante, detto in senso buono… E’ un tranquillone, lo mettiamo in mezzo. Una volta avevamo una convocazione per partire alle 6 e mezzo del mattino, giocammo alla play fino a tardi e la mattina alle 9 ancora dormivamo: ci hanno svegliato le urla del nostro team manager».
Usa i social?
«Praticamente solo Instagram, e pubblico per il 95% foto che riguardano il calcio. Poi mi piace curiosare quello che fanno gli altri, famosi e non».
Altre passioni?
«Il mio bassotto Arturo, e i due cani della mia fidanzata, Tobia e Ugo. Li prendiamo e stanno tutti insieme come fratelli».
E quando la stagione finisce?
«L’estate scorsa ho fatto un viaggio in Madagascar. Io, Cerri della Spal e Pellegrini del Sassuolo con rispettive fidanzate. I bambini ti cercavano e ti abbracciavano, ho fatto una foto con loro e scritto su Instagram un messaggio del Papa: “Gli occhi dei bambini africani giudicheranno il mondo”. E’ stato un viaggio toccante, giri e vedi la povertà. Capisci che non devi lamentarti per cose inutili».
I tifosi cosa vi chiedono?
«Di andare in giro per l’Europa. Piacerebbe anche a noi, è ovvio. Ora dico che è possibile, due mesi fa magari no e in futuro chissà, dipende da noi e dagli avversari. Potenzialmente abbiamo tutte le qualità per farcela».